Omelia dell’Arcivescovo tenuta nella celebrazione eucaristica in occasione della Solennità di Maria SS. dello Sterpeto
a porte chiuse in diretta televisiva
Barletta, Basilica Concattedrale di Santa Maria Maggiore, 8 maggio 2020
Il rallentamento della peste che colpì in modo devastante Barletta nel 1656, coincise con il ritrovamento di un quadro della Madonna da parte di alcuni contadini, nelle campagne della nostra città, presso un antico monastero diroccato.
Questi pochi elementi mi hanno fatto pensare alla logica di Dio che sceglie sempre le persone semplici, i piccoli, per rivelare le sue grandi cose: Maria, una giovanissima ragazza sconosciuta di un piccolo villaggio della Galilea, Nazareth; i pastori a Betlemme quando nacque Gesù; potremmo aggiungere chissà quante altre persone, Bernadette a Lourdes; quei nostri contadini alcuni secoli fa. Ho pensato anche ai discorsi di Papa Francesco sulle periferie, intese da lui come luoghi o situazioni esistenziali,che permettono di vedere e intendere la realtà in una prospettiva diversa.
A volte ci ritroviamo come bloccati, incapaci di praticare, potremmo dire, le campagne di Barletta, cioè di scorgere la novità che arriva, la salvezza che ci viene donata.
La prima preghiera che, questa sera, potremmo affidare all’intercessione della Madonna è la richiesta di saper abitare le periferie esistenziali, la semplicità, l’umiltà, senza andare alla ricerca dell’apparenza, della visibilità, della centralità, dei posti importanti.
La nostra Madonna dello Sterpeto, come ben sappiamo, prende il nome dalla località in cui fu ritrovata. La tradizione ha poi dato un significato teologico a questo titolo, collegandolo al roveto ardente che Mosè, come abbiamo appena ascoltato nella prima lettura tratta dal libro dell’Esodo, incontrò sul monte di Dio, l’Oreb. Il roveto che arde e non brucia è simbolo di Maria vergine e madre, cioè donna che dona la vita e in questo donarsi non conosce diminuzione o interruzione. Il Signore aiuti tutti noi a vivere questa dimensione della verginità che è invito al dono di noi stessi da vivere in modo vero, autentico, non adulterato. Siamo creature, immagine di Dio, chiamati, sull’esempio di Maria ad essere veri, autentici, a vivere la vita come un dono, senza falsità.
Quando Mosè pensò di accostarsi al roveto, il Signore lo chiamò e gli disse di non avvicinarsi e di togliersi i sandali, perché il luogo dove si trovava era una terra santa.
“Non avvicinarti”, oggi nella emergenza sanitaria ci richiama il mantenere la distanza sociale. Una distanza per evitare il pericolo del contagio. Sulla base del racconto del testo sacro, possiamo intendere questa distanza anche in un altro senso. Mosè viene fermato nella sua volontà di vedere, cioè di far suo lo spettacolo che stava davanti a lui. “Non avvicinarti” significò per lui cambiare prospettiva, comprendere che era lui a trovarsi davanti al roveto, cioè davanti al Signore, e che l’altro non può mai essere oggetto da possedere, da inglobare nella propria curiosità, nella propria mente, nella propria volontà. L’altro non può essere ridotto a qualcosa che soddisfa i propri bisogni, non è proprietà di nessuno.
L’altro, persona simpatica o antipatica, alleato o avversario, vicino o lontano, è terra sacra, per questo mi tolgo i sandali dai piedi, mi faccio servo, riconoscendo la sua grandezza e dignità. Come sarebbero belle le relazioni tra di noi se fossero animate da questa consapevolezza.
Il testo dell’Esodo proclamato questa sera, prosegue con queste parole del Signore: “ho osservato la miseria del mio popolo e ho udito il suo grido…: conosco le sue sofferenze”. Accogliamo queste parole come rivolte a noi in questo tempo di pandemia. Siano motivo di speranza e di fiducia nei riguardi di un Padre che ci ascolta, che è attento alle nostre sofferenze. La Madonna dello Sterpeto interceda presso il suo Figlio perché, proprio in questa situazione di emergenza, possiamo crescere nella semplicità e nel dono autentico della nostra vita, nel rispetto dell’altro riconosciuto nella sua sacra dignità.
Chiedo di continuare a pregare per chi sta combattendo la diffusione del virus e le sue drammatiche conseguenze: il personale ospedaliero, i medici di famiglia, le autorità pubbliche, i volontari, le forze dell’ordine, le caritas. Preghiamo per i malati e per coloro che non ce l’hanno fatta e sono morti a causa del contagio.
Desidero rivolgere un affettuoso saluto e un augurio a tutti i barlettani, ai consacrati, alle consacrate, a coloro che sono impegnati nei cammini formativi verso la vita consacrata o il sacerdozio, ai diaconi e ai sacerdoti.
L’icona che veneriamo, esprime i caratteri della Madonna della Tenerezza, esprime la commozione, dolce e profonda di Maria nei riguardi del bambino Gesù, ma anche nei nostri riguardi, suoi figli amati. La tenerezza di Maria è, prima di tutto, immagine della tenerezza di Dio riflessa sul suo volto. Questo ci dice che la devozione mariana, per tutti noi, è itinerario di crescita per diventare sempre più riconoscibili come riflesso di questa tenerezza di Dio, della sua bontà e misericordia. Quando diciamo con giusto orgoglio che Barletta è “Civitas Mariae” ricordiamo che, per noi, significa impegno a vivere relazioni improntate sempre più alla tenerezza e sempre meno all’egoismo, all’arroganza, allo scontro, agli interessi di parte, al considerare l’altro come nemico invece che fratello da rispettare e amare, sempre. Potremmo dire che un barlettano autentico, lo si dovrebbe riconoscere proprio da questa caratteristica: la tenerezza!
+ Leonardo
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